Approfondimenti

Il bilancio sociale delle organizzazioni sportive

ProductModulo24 Terzo Settore||n. 5|p. 6|di Giovanni Esposito


Bilancio sociale: un’opportunità da cogliere anche per le organizzazioni sportive dilettantistiche.
Uno strumento questo che, anche in considerazione del periodo emergenziale, potrebbe rappresentare un documento in grado di raffigurare, in modo trasparente ed esauriente, le finalità di una organizzazione sportiva, integrando i dati di natura contabile presenti nel bilancio di esercizio con informazioni relative agli obiettivi strategici e alle modalità attraverso le quali essi sono stati perseguiti nel corso dell’anno esaminato. 

A ben vedere, l’adozione del bilancio sociale da parte dell’organizzazione sportiva consentirebbe di perseguire due importanti sfide: la prima è quella di far emergere attraverso tale documento le azioni adottate dall’ente per far fronte all’emergenza sanitaria Covid-19. La seconda è quella di inserire la corrispondenza tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu e le attività svolte. 
Un aspetto quest’ultimo che dovrebbe collocarsi in un percorso più ampio che punta a integrare gli obiettivi di sviluppo sostenibile in tutti i processi e negli strumenti di programmazione, controllo, rendicontazione e comunicazione, testimoniando il forte legame tra Sport e Sostenibilità.

Diversi i modelli legati allo sport professionistico (come, ad esempio, Juventus e Milan) che testimoniano una crescente attenzione al tema che vede in prima linea il Coni (il Bilancio di Sostenibilità è però fermo all’edizione 2018 e speriamo riprenda il suo corso) e coinvolte da tempo anche molteplici Federazioni Sportive Nazionali (vedi Motociclistica, Calcio, Nuoto, Tennis, Pallavolo, Pallacanestro, Cronometristi, Badminton, ad esempio) fino ad arrivare al Bilancio di Sostenibilità della Cooperativa Scuola di Pallavolo  Ardelini di Modena che rappresenta oggi davvero un documento pionieristico in ambito sportivo.

Le Linee-guida per gli enti del Terzo settore

Le Linee-guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo settore, approvate con il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali il 4 luglio 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale il 9 agosto 2019, hanno consentito alla riforma del Terzo settore di compiere un ulteriore passo avanti in termini di «accountability».
Le linee-guida, infatti, definiscono il bilancio sociale come «strumento di rendicontazione delle responsabilità, dei comportamenti e dei risultati sociali, ambientali ed economici delle attività svolte da un’organizzazione». Una definizione questa che fa emergere a pieno la finalità del bilancio sociale: offrire un’informativa strutturata e puntuale a tutti i soggetti interessati non ottenibile a mezzo della sola informazione economica contenuta nel bilancio di esercizio.

È chiaro quindi che il bilancio sociale, in un’ottica di trasparenza e di informazione verso terzi, diventa l’unico documento in grado di consentire una reale verifica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni di qualsiasi organizzazione.

Attenzione però: per una comunicazione veritiera non bastano solo i dati contenuti nel bilancio di esercizio. Costituirebbe, infatti, un errore riportare nel bilancio sociale informazioni già rese note con altre modalità, rendendolo di fatto un documento ridondante e difficilmente leggibile.

Il bilancio sociale è un pilastro della strategia organizzativa improntata alla sostenibilità e pertanto richiede un massiccio coinvolgimento degli «stakeholder» per la sua redazione. Le sue valenze sono molteplici e possono collegarsi alla cultura organizzativa, alla trasparenza, alla governance, al management, alla comunicazione, al marketing, all’organizzazione, alla contabilità, all’etica e all’accountability in senso lato.

Da ciò emerge che, se la rendicontazione è una fase del ciclo per costruire una relazione forte con gli stakeholder, le valenze servono a declinare gli obiettivi che si intendono perseguire con l’intero processo. È possibile quindi affermare che il bilancio sociale esprime il posizionamento dell’organizzazione in maniera etica nel settore di riferimento e pertanto rappresenta una grande opportunità anche per gli enti sportivi dilettantistici. Chissà che non prenda davvero piede – ad esempio - nell’ambito dell’affidamento agli enti di servizi di interesse generale, la buona abitudine di verificare standard di qualità e di impatto sociale ben riassunti proprio nel bilancio sociale. A ragione alcuni Comuni virtuosi, in fase di assegnazione della gestione di impianti sportivi, prediligono gli enti che hanno redatto un report sociale premiando coloro che adottano strategie di sostenibilità.

Chi è tenuto a redigerlo

Tenuti a redigere un bilancio sociale sono tutte le imprese sociali, ivi comprese le cooperative sociali e i loro consorzi, indipendentemente dalla dimensione economica. I gruppi di imprese sociali sono tenuti a redigerlo in forma consolidata, cioè evidenziando gli esiti sociali non solo di ciascun singolo ente, ma anche del gruppo nel suo complesso. Oltre ai Centri di Servizio per il Volontariato, indipendentemente dalla loro dimensione economica, dal 2020 l’obbligo di redazione di tale documento è scattato per OdV, APS e Onlus con entrate superiori ad 1 milione di euro. Un obbligo che scatta una volta operativo il Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) anche per gli altri enti del Terzo settore che superino il limite previsto dal D.Lgs. 117/2017 (CTS).
Un adempimento questo a cui molti enti di Promozione sportiva si sono già adeguati (vedi Uisp, Libertas, Acli, Asi, Aics, Csen, ad esempio) provvedendo a pubblicare il bilancio sociale sul proprio sito internet entro il 30 giugno.

Una opportunità da cogliere

Il bilancio sociale così come introdotto dalla riforma dovrebbe essere colto anche da tutte quelle organizzazioni sportive che volontariamente intendono offrire un quadro esaustivo delle attività svolte, dei risultati raggiunti e dell’impatto generato in termini di «outcome», ossia di ricadute e conseguenze concrete su determinate realtà e portatori di interesse. 

A ben vedere, infatti, il bilancio sociale rappresenta anche un modo per dare pubblicità al valore dell’operato dell’ente. Nulla vieta che anche chi non è tenuto per legge provveda a realizzarlo e pubblicarlo, in questo caso senza però osservare tutte le prescrizioni inserite nelle Linee-guida (salvo il fatto di non poterlo indicare come «Bilancio sociale predisposto ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 117/2017» laddove esso segua modalità di redazione diverse).

Gli enti dello sport dilettantistico, a seconda della forma giuridica, potrebbero scegliere di accedere al Terzo settore come associazioni di promozione sociale, associazioni semplici o imprese sociali (iscrivendosi al Registro unico nazionale del terzo settore), ma potrebbero anche decidere di rimanere nell’alveo sportivo regolato dal registro nazionale delle associazioni e società sportive dilettantistiche del Coni (di prossimo trasferimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri). Non cambierebbe comunque la loro preminente funzione sociale in virtù della quale godono di un sistema di agevolazioni soprattutto fiscali di grande rilevanza. 

Ecco perché, essendo la responsabilità sociale un driver culturale di natura volontaria, l’adozione di un bilancio sociale potrebbe rappresentare un’opportunità etica di grande spessore in grado di garantire una migliore gestione organizzativa e dimostrare in maniera chiara e trasparente di meritare l’attenzione degli interlocutori istituzionali e sociali dimostrando opportunamente la quantità e qualità del valore creato e condiviso con gli stakeholder.

E proprio in questo contesto la redazione del documento di rendicontazione sociale dovrebbe essere inserita nel più ampio e organico processo annuale di programmazione dell’organizzazione sportiva che, partendo dalla rilevazione dei bisogni dei suoi stakeholder principali, dovrebbe definire gli obiettivi strategici e le relative azioni da realizzare.

Ecco che la successiva erogazione dei servizi dovrebbe quindi essere rendicontata, al termine dell’annualità, nel bilancio sociale in modo che proprio tutti gli stakeholder possano valutarne i risultati conseguiti e gli impatti generati.

Giovanni Esposito, 
Dottore Commercialista ed esperto in responsabilità sociale delle organizzazioni sportive

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