Il Ministero del lavoro torna ad occuparsi di Terzo settore con una nota, la n. 3959 del 22 marzo 2021, nella quale si affronta una tematica particolare. La questione riguarda l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 71 del Codice del Terzo Settore (D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117) alle imprese sociali. Vediamo quindi nel dettaglio di che cosa si tratta.
L’art. 71 del D.Lgs. n. 117/2017
L’art. 71 del Codice del Terzo Settore (CTS), rubricato “locali utilizzati”, descrive i luoghi all’interno dei quali gli enti del Terzo Settore possono svolgere la propria attività. Al primo comma, la norma prevede un regime di “indifferenza urbanistica”, stabilendo che “le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
La previsione è di estrema rilevanza perché, di fatto, consente agli ETS di svolgere la propria attività indipendentemente dalla destinazione d’uso dei locali utilizzati. Ciò a condizione, secondo quanto prevede la norma, che si tratti di attività istituzionali di tipo “non produttivo”.
È appena il caso di ricordare che, se da un lato la norma fa salva la compatibilità dal punto di vista urbanistico, così non è in relazione agli aspetti edilizi, restando comunque sempre necessaria la verifica di conformità dell’immobile in relazione allo specifico utilizzo. Devono quindi essere sempre rispettati, ad esempio, i requisiti di agibilità e/o abitabilità e le norme minime di sicurezza, con le relative certificazioni. Inoltre, se nel locale si somministrano anche alimenti e bevande è necessario chiedere l’autorizzazione igienico-sanitaria da parte della ASL competente. Questa raccomandazione è stata esplicitata in passato anche dal Ministero del lavoro nella nota n. 3734 del 15 aprile 2019, nella quale era stato precisato che la disposizione non deve intendersi come “certamente comprensiva di qualsiasi deroga alla sussistenza dei requisiti di agibilità … e alle misure minime di sicurezza”.
L’applicabilità dell’art. 71 del D.Lgs. n. 117/2017 alle associazioni di promozione sociale
Per le sole associazioni di promozione sociale la norma non costituisce una novità assoluta. Già il comma 4 dell’art. 32 della L. n. 383/2000, infatti, contiene una previsione analoga, in base alla quale “la sede delle associazioni di promozione sociale ed i locali nei quali si svolgono le relative attività sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
Si legge nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 117/2017 che con la nuova previsione “il legislatore ha voluto rimarcare che le attività istituzionali di interesse generale possono essere espletate, senza previo cambio di destinazione d’uso, presso la sede, anche temporanea, ovvero comunque nei locali a disposizione dell’ente del terzo settore e tuttavia che tali attività non dovranno avere carattere produttivo”. Come visto, la nuova formulazione risulta quindi analoga alla precedente, salvo per due elementi:
- la nuova norma si applica a tutti gli enti del Terzo Settore e non è più quindi limitata alle sole associazioni di promozione sociale;
- le attività agevolate sono solo quelle istituzionali e non devono avere carattere produttivo.
In relazione al primo aspetto, si ricorda che la normativa sul Terzo Settore disposta dal D.Lgs. n. 117/2017 non è attualmente ancora pienamente operativa. Ci si chiede quindi, allo stato, quale soggetto possa attualmente essere definito “ente del Terzo settore”. In conformità a quanto previsto dall’art. 104, comma 1 del CTS, gli effetti del D.Lgs. n. 117/2017 sono anticipati per le Onlus, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale. A queste tre categorie soggettive la norma risulta quindi pienamente riferibile fin da ora.
L’applicabilità dell’art. 71 D.lgs. 117/2017 alle imprese sociali
Per quanto riguarda invece l’applicabilità della disposizione alle imprese sociali e alle cooperative sociali, la nota del Ministero del lavoro ricorda che è necessario verificare il rapporto intercorrente tra le diverse fonti normative. A questo proposito, ricorda che il comma 5 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 112/2017, che ha regolamentato le imprese sociali, prevede che a questi soggetti le disposizioni del CTS si applicano “in quanto compatibili”. Il comma 4 del ricordato art. 1, D.Lgs. n. 112/2017 stabilisce invece che alle cooperative sociali ed ai loro consorzi le disposizioni si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili, fermo restando l’ambito di attività di cui all’articolo 1 della L. 381/1991 sulle cooperative sociali. Secondo quanto prevede invece il comma 1 dell’art. 3 del Codice del Terzo settore le relative disposizioni si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore aventi disciplina particolare.
Per questo motivo, secondo la nota ministeriale la disposizione di cui all’art. 71 comma 1 del D.Lgs. n. 117/2017 non è applicabile alle imprese sociali. Per le cooperative sociali, che sono definite ex lege imprese sociali ma alle quali si applica una disciplina ad hoc, sono invece fatte salve eventuali disposizioni di maggior favore qualora esistenti.
In maniera innovativa rispetto al passato, l’agevolazione contenuta nell’art. 71 del Codice del Terzo settore prevede, come anticipato, che perché si possa applicare il principio di indifferenza urbanistica l’attività deve rientrare tra quelle istituzionali dell’ente e non deve avere carattere produttivo. La nota ministeriale in commento non specifica cosa si debba intendere con questa locuzione ma richiama il contenuto della sentenza del TAR Abruzzo del 25 ottobre 2019, n. 519, con la quale è stato riconosciuto che “un’attività di campeggio, purché riservata ai soci di un ente del Terzo settore e per i soli scopi di interesse generale, può beneficiare del principio di indifferenza urbanistica”. Nella sentenza richiamata, osserva il documento di prassi, si fa riferimento ad un’area messa a disposizione dei soli soci di un’associazione di promozione sociale, il che consente di configurare l’attività come “di promozione sociale ovvero turistica di interesse sociale”.
Per quanto riguarda le imprese sociali, invece, la nota ricorda che queste esercitano in via stabile e principale un’attività di impresa, sia pure di interesse generale. Il che esclude che si possa definire l’attività svolta dall’impresa sociale come “non produttiva”. In più, la nota osserva come la sentenza del Tar Abruzzo sopra ricordata abbia consentito l’agevolazione perché l’attività in esame era svolta a beneficio dei soli soci. Anche sotto questo punto di vista, quindi, la fattispecie descritta dall’art. 71 del D.Lgs. n. 117/2017 non si può ricondurre ad un’impresa sociale, considerato che secondo quanto prevede il comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 112/2017 “non possono acquisire la qualifica di impresa sociale … gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati”.
Osservazioni conclusive
Per concludere, e per meglio specificare il perimetro di operatività della disposizione in commento, è opportuno ricordare nuovamente la citata nota del Ministero del lavoro n. 3734 del 2019 con la quale è stato osservato che la previsione del CTS “se da un lato … amplia la platea dei potenziali beneficiari estendendola dalle sole APS agli Enti del Terzo settore, dall’altro sostituisce alla precedente definizione – che genericamente parlava di “attività” senza specificare se vi fosse distinzione tra quelle di promozione sociale e quelle “svolte in maniera ausiliaria e sussidiaria” di cui all’articolo 4 comma 1 lett. f) – quella alquanto più ristretta di “attività istituzionali purché non di tipo produttivo”, escludendone quindi oltre a queste ultime se a carattere produttivo, anche le attività “non istituzionali” (tra cui quindi quelle svolte ex articolo 6), che pertanto non potranno beneficiarne anche qualora siano strumentali alle prime”.
Secondo la nota ministeriale, inoltre, per attività istituzionali degli ETS – e in particolare delle APS - devono intendersi quelle previste dallo statuto come oggetto principale del rapporto sociale, attraverso le quali ciascun ente persegue le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che lo caratterizzano come Ente del Terzo settore. Tali attività sono quindi, da identificarsi nelle attività di interesse generale ex art. 5 del Codice del Terzo settore, che in quanto tali godono, purché svolte senza fine di lucro e in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, del particolare “favor” del legislatore, da cui derivano, tra l’altro, le disposizioni agevolative di cui all’articolo 71.